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Vicenda Blu, il giorno dopo. Quando dire no è ancora un gesto estremo

La protesta di Blu e i risvolti del suo gesto estremo. La mia opinione su HESTETIKA MAGAZINE

 

“Vicenda Blu, il giorno dopo. Quando dire no è ancora un gesto estremo.”

Testo di Laura Luppi

Non si è fatta attendere la risposta dei curatori della mostra “Street Art. Banksy & Co.” di Palazzo Pepoli e nemmeno le tante polemiche che hanno invaso le riviste di settore e i social network. In un’intervista rilasciata a La Repubblica Christian Omodeo  (co-curatore insieme a Luca Ciancabilla) cerca di chiarire l’intento del museo e le sue funzioni di salvaguardia e restauro delle opere d’arte, comprese quelle che provengono dalla strada. Non manca la sollevazione del dubbio circa la genuinità della protesta di Blu, il quale prese parte in passato a una collettiva similare presso il PAC di Milano.

Certo è che Blu, a questa, si è dichiarato nettamente contrario, e con lui altri esponenti noti della street art, tra cui Ericailcane. In una società votata alle esigenze di mercato e a un collezionismo privato sempre più d’elite, è ancora lecito difendere il diritto di lasciare che le opere restino nel luogo e a usufrutto delle persone a cui sono originariamente destinate? Nel caso di Blu e della street art in generale, varrebbe infatti la regola secondo cui l’arte è a disposizione di tutti, senza prezzo da pagare né biglietto d’ingresso, anche a costo dell’inevitabile deperimento fisico dell’opera stessa. I murales non nascono già consapevoli del loro destino, dell’essere cioè soggetti alle intemperie e al trascorrere irreversibile del tempo? E soprattutto, è legittimo impossessarsi di uno di essi staccandolo dal muro o riproducendolo su tela con tecniche avanzate, indipendentemente da un eventuale nobile fine?

Irremovibile la risposta di Blu: no. Non così facile la maniera per esprimerla. Un lavoro di Blu pare infatti essere stato inserito proprio all’interno della mostra di Palazzo Pepoli senza aver ottenuto dall’autore alcun consenso. Che sia stato informato o meno, l’artista protesta senza patteggiare, cancellando in due giorni le tracce dei suoi interventi sugli edifici di Bologna, così che non possano finire per l’appunto in un museo, peggio ancora a sua insaputa. Che piaccia o no, a pagarne le conseguenze sono proprio tutti, compresa la gente comune a cui quei disegni erano rivolti. Ma giusto o sbagliato che sia, prima di criticare tale scelta bisognerebbe fermarsi un secondo a riflettere: non ci avevano forse insegnato che ad ogni decisione consegue sempre una rinuncia, per dolorosa che sia? Probabilmente il gesto estremo di Blu, di cui soffriamo, andrebbe comunque stimato più di un dito alzato davanti e una strizzata d’occhio dietro. Dire no significa chiudere una porta, e non lasciare uno spiraglio aperto per eventuali ripensamenti… Dire no include la non consueta pratica del rifiutare compromessi di sorta, ed essere disposti a perdere ogni cosa per non privarsi di un buon ideale. E allora forse era proprio un gesto così estremo ciò di cui l’arte contemporanea aveva finalmente bisogno, e di un artista capace di stendere su tutto questo caos uno strato denso di grigio pallido, nella speranza che possano tornare le condizioni per ridipingerci sopra tutti i colori del mondo, magari a partire proprio dal blu.

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