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LADY D, uno spirito libero

Un intero articolo sulle mostre dedicate a una delle icone del secolo scorso, Lady Diana, donna forte quanto fragile, determinata e dallo spirito libero.

Solo su HESTETIKA N.27

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“LADY D, UNO SPIRITO LIBERO”

Due importanti mostre omaggiano la vita di una delle icone del Novecento, Lady Diana, a vent’anni dalla tragica morte avvenuta il 31 agosto del 1997 in un incidente automobilistico sotto il tunnel del Pont de l’Alma a Parigi.

 

Testo di Laura Luppi

 

“Mi piacerebbe essere la regina nei cuori delle persone”, così si era espressa Lady Diana, e così è stato e continua ad essere ancora oggi. Un matrimonio da favola con Carlo principe di Galles, seguito in mondovisione da oltre 750 milioni di persone, e un’esistenza vissuta tra sofferenza, maternità, divorzio, problemi alimentari, doveri reali, amori controversi e impegni sociali. Tutto questo era Diana Spencer per il suo popolo, e per chi ha seguito il suo percorso con interesse, curiosità e stima. Nata nel 1961 a Sandringham, nel Norfolk, da una delle più antiche e prestigiose famiglie britanniche, Diana Spencer vide in giovane età la brusca separazione dei genitori e il suo affidamento e quello dei suoi fratelli al padre, successivamente risposatosi con una donna non particolarmente amata dai figli. A scuola Diana non spiccava per particolari doti o attitudini, e non fece l’università. I suoi primi impieghi di lavoro furono come bambinaia, come insegnante di danza – sua grande passione insieme allo sci – e come assistente presso un asilo nido di Londra, dove si era trasferita. Una ragazza timida e riservata, questo era agli occhi degli inglesi che tanto si erano innamorati della sua semplicità d’animo nonostante lo sfarzo dei suoi abiti e i titoli nobiliari. La sua più grande capacità era quella di entrare in empatia con le persone comuni, di sentire doveroso l’impegno nei confronti di chi si trovava in difficoltà, per motivi economici, di salute, sociali o politici.

Certo, il protocollo prevedeva l’obbligo di alcune sue visite di rappresentanza in ospedali e ad eventi di raccolte fondi, ma mai nessun membro della famiglia reale si era battuto in prima linea per le cause umanitarie e per i diritti umani. Diana seppe infatti dedicarvisi con costanza e passione, tanto da scegliere come guida spirituale Maria Teresa di Calcutta, incontrata la prima volta in un ospizio in India. Celebre il video in cui appariva in un campo minato della ex-Jugoslavia, per sostenere la Campagna internazionale per il bando delle mine antiuomo vincitrice del premio Nobel per la pace nel 1997, poco dopo la sua morte. Una morte drammatica, che ha lasciato sgomento il mondo intero, suggerendo varie ipotesi complottistiche e la sensazione di un mistero mai risolto. Attorno alla sua figura si è creato un mito: quello della madre amorevole nei confronti dei figli – da lei iscritti alla scuola pubblica contro tradizione -, della moglie tradita e umiliata ma forte nella sua fragilità – manifestata nei disturbi di bulimia e di depressione –, della nobile ribelle ma sempre elegante – in abiti firmati e alla moda -, di una donna capace di entrare, appunto, nel cuore delle persone.

E a Lady D sono dedicate due importanti mostre, a vent’anni di distanza da quel tragico incidente che fece perdere la vita a lei e al suo compagno Dodi Al-Fayed (insieme all’autista della vettura). “Diana: her fashion story” a Londra, presso Kensington Palace, celebra lo stile e la raffinatezza della principessa di Galles attraverso alcuni dei suoi abiti più noti e ammirati. Tra quelli presenti, il vestito lungo in velluto blu notte di Victor Edelstein col quale danzò insieme a John Travolta durante una festa alla Casa Bianca nel 1985, o l’abito bianco disegnato da Catherine Walker per il Festival di Cannes del 1987, ispirato a quello indossato da Grace Kelly nel film di Alfred Hitchcock “Caccia al ladro”. Criticati, invece, furono il cappotto e la gonna indossati a un incontro di rappresentanza in Italia nel 1985. Dalle vesti da vera principessa ai look più inusuali per una futura regina, l’esposizione offre una vasta selezione di un modo di interpretare la moda al di là dei ruoli e dei canoni prestabiliti dal protocollo. Bellville Sassoon e Murray Arbeid, tra i tanti stilisti amati da Diana, disegnarono per lei indumenti secondo il suo gusto e le sue richieste, tra lo stupore di pubblico e critica. Abiti per le occasioni speciali, per gli impegni quotidiani, o per i tanti servizi a lei dedicati da riviste internazionali tra cui Vanity Fair. Considerata da molti la donna più fotografata della storia, senza dubbio Diana Spencer non badò a spese per la sua immagine, soprattutto per l’abbigliamento, commissionando i suoi outfit a numerosi stilisti inglesi e dando vita a uno stile personale mai visto prima a Buckingham Palace.

Le Sale dei Paggi di Reggia di Venaria a Torino ospitano invece “Lady Diana. Uno spirito libero”, organizzata da Kornice e curata da Giulia Zandonadi e Fabrizio Modina. Aperta al pubblico fino al 28 gennaio 2018, la mostra ripercorre i momenti salienti della vita della principessa a partire dal momento della sua dipartita con documenti fotografici, racconti, testimonianze, articoli di giornali. Un viaggio nell’esistenza pubblica e privata di uno dei simboli e delle icone dello scorso secolo, di cui ancora oggi non si smette di parlare. Recenti infatti sono le registrazioni rivelate al popolo britannico, confidenze rilasciate dalla voce della stessa Diana a Peter Settelen, il professore che le insegnò a parlare in pubblico, quattro anni prima del suo decesso. Uno spirito ribelle, dunque, quello di Lady Diana, difficilmente incline a sopportare e a convivere coi tradimenti del marito, coi doveri e gli obblighi dell’ambiente reale. E poi ancora il rapporto coi figli, il suo tentativo di donar loro un’infanzia il più possibile “normale”, l’oppressione dei media e dei tabloid, le sue amicizie con stilisti come Versace e cantanti come Elton John. La cornice della Reggia di Venaria, Patrimonio dell’Umanità dal 1997, rende dunque omaggio con altrettanta eleganza alla principessa del popolo, a colei che senza indugio non temeva di affermare: “sono uno spirito libero, ad alcuni non piace, ma io sono fatta così”.