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Enzo Cannaviello, dalla parte della giovane arte

Intervista al gallerista Enzo Cannaviello, da sempre sostenitore dei giovani artisti

contemporanei.

Solo su HESTETIKA MAGAZINE, n.22 luglio 2016

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HESTETIKA MAGAZINE

 

“Nuova sede per lo Studio d’Arte Cannaviello.

Un occhio sempre attento alla giovane arte contemporanea.”

 

di Laura Luppi

 

Il 17 marzo ha inaugurato la nuova sede milanese dello storico Studio d’Arte Cannaviello con una mostra dedicata a Siegfried Anzinger e ai suoi nuovi lavori inediti per l’Italia.

L’attività di Enzo Cannaviello è cominciata alla fine degli anni ’60 ed è continuata a Roma nel 1971 e a Milano (prima in via Cusani e poi in via Stoppani) dal 1977. Presso i suoi spazi hanno esposto molti degli artisti oggi noti al pubblico, in particolare quelli legati alle correnti del Neo-Espressionismo Austriaco, dell’Azionismo Viennese, della Nuova Scuola Romana e di quella pittura figurativa Neoiconica così definita dallo stesso gallerista.

Da sempre proiettato nel contemporaneo con una ricerca mirata sui giovani artisti, e con un’attenzione particolare alla capacità manuale, Enzo Cannaviello porta avanti i quarantotto anni di attività in piazzetta Bossi al numero 4, proprio dietro il Teatro alla Scala. Per l’occasione siamo andati a trovarlo e ci siamo tolti qualche curiosità.

Enzo, la sua carriera è cominciata nel 1968 a Caserta con la prima mostra dedicata a Mimmo Paladino, ed è proseguita promuovendo ciò che di innovativo e di qualità ha fiutato nell’arte. Ancora oggi il suo programma espositivo include soprattutto i giovani. Ci spiega cosa l’ha sempre spinta verso questa direzione?

Penso che la nostra attività non sia solo quella di vendere l’opera d’arte, ma quella di promuoverla dopo averla individuata. L’intuizione è alla base della nostra professione. Questa caratteristica non si impara in nessun tipo di scuola. La si affina con l’esperienza, ma rimane innata.

D’altronde, cosa differenzia la nostra professione da altre di natura commerciale? Forse solo questa peculiarità, unita alla sensibilità, alla cultura e al senso estetico.

Ci ricorda brevemente perchè scelse il nome “studio d’arte” e non “galleria d’arte”?

Eravamo nel ’68 e chiamare uno spazio espositivo “Galleria d’arte” significava attribuirgli una connotazione commerciale che, all’epoca, sembrava una “bestemmia”.

Per la mostra inaugurale del nuovo spazio ha riproposto un artista noto alla storia della galleria: Siegfried Anzinger. Quali sono stati i motivi di questa decisione?

Per dare più importanza all’evento avrei dovuto comunque scegliere un nome più importante del solito.

Anzinger non esponeva nella mia galleria dagli anni ’90 e poi è un artista ancora da scoprire dal grande collezionismo. Dopo la scomparsa di Maria Lassnig è lui che ha conquistato la “leadership” della pittura neo-espressionista austriaca.

La seconda personale, curata da Flavio Arensi, è stata invece dedicata ad Anna Caruso, una delle artiste emergenti del gruppo da lei sostenuto. Può dirci quali potenzialità riscontra in loro?

La seconda mostra, dedicata ad Anna Caruso, è  un omaggio allo scrittore Goffredo Parise. La potenzialità che riscontro negli artisti è la continua sperimentazione.

Ultima e doverosa domanda a lei che ha creduto costantemente nella manualità e nell’immagine: c’è ancora futuro per la pittura?

La pittura non morirà mai, come non moriranno la grammatica per la letteratura o le sette note per la musica. Come tutti sanno il cinema non ha sostituito il teatro dopo la sua nascita; così il mezzo tecnologico non sostituirà mai la manualità.