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Dentro il SOGNO con ARRIVABENE

Intervista all’artista colto e raffinato Agostino Arrivabene, per parlarci si sogno attraverso la sua arte.

Pubblicato su HESTETIKA N. 28

 

“DENTRO IL SOGNO”

A cura di Laura Luppi

 

Agostino Arrivabene è un artista raffinato, colto, sofisticato. Nei suoi dipinti la realtà sembra parlarci attraverso il sogno, tra gli echi di antichi miti sacri e pagani che risuonano ancora nel nostro presente.

 

Quella di Agostino Arrivabene è un’arte che non guarda al passato per imitarlo o rievocarlo per vezzo o per puro manierismo. Quella di Agostino Arrivabene è un’arte che indaga l’inconscio, le paure e le speranze di una contemporaneità le cui radici risiedono tra le orme degli avi. Alcune figure mitologiche al centro delle sue opere ci accompagnano in un viaggio virtuale eppure attuale, come sempre attuali sono i mostri che abitano le segrete del nostro spirito, tra le pulsazioni contrastanti, i lontani enigmi mai risolti e l’apparizione di nuove visioni.

ORFEO. Una delle figure chiave della tua ricerca è la divinità greca, artista per eccellenza, rappresentante del mondo onirico strettamente legato a quello degli inferi. Grazie a Orfeo ci hai condotto nel lato oscuro delle nostre passioni. Com’è iniziato questo viaggio?

Orfeo si stagliò sull’orizzonte del mio mondo pittorico contemporaneamente allo studio del movimento simbolista, durante gli anni scolastici all’Accademia di Belle Arti a Milano. Gustave Moreau e Jean Delville furono i primi a dipingere con grande potenza espressiva l’immagine di Orfeo cantore e citaredo, in cui vi rintracciai l’urgenza del viaggio nel profondo dell’anima. Orfeo è il viaggiatore dei due regni, il mondo terreno e l’oltretomba, e in lui si radunano molti archetipi: per mezzo della musica e del canto egli domina la materia informe; attraverso la poesia muta il regno caotico, proiettandolo in una dimensione di grazia divina; con la discesa negli inferi riorganizza la realtà con equilibrio, armonia e bellezza.

Il mio dipinto eseguito nel 1994, al quale mi sono dedicato con molti studi, prove di disegno e bozzetti, raffigura Orfeo che supplica davanti alle bocche dell’Ade, nelle sette notti e nei sette giorni successivi al suo fallimento d’amore e alla resurrezione di Euridice. Immagine della sconfitta dell’artista incapace di vincere la morte, egli rappresenta la tensione mai ultima e irrequieta del genio che chiede ragione della verità. La lira simboleggia un concetto astratto: “la coincidentia oppositorum” o coincidenza e fusione degli opposti. In alchimia ogni opposto – oro e argento, giorno e notte, sacro e profano, vita e morte, vecchiaia e giovinezza – ambiscono sempre alla loro tregua, come il maschile e il femminile nell’androginia. Al centro della lira si trova quindi l’androgino platonico: le due nature sessuali generano ibridandosi la mostruositá di un’unica creatura primordiale che regge le sette corde della lira come condizione che pone l’essere in unico punto di vista. L’androgino è la soglia verso l’imperituro.

Orfeo è dunque l’impulso ctonio dell’uomo che scava nel proprio inconscio, alla ricerca del significato della propria anima anche attraverso il sogno, strettamente legato al regno infero mitologico (alla base di tutta la psicanalisi freudiana e junghiana).

Secondo Eraclito, l’anima desidera andare più addentro e oltre la realtà, perché “la trama nascosta è più forte di quella manifesta”. Per giungere alla struttura fondamentale delle cose occorre penetrare nella loro oscurità, poiché la natura ama nascondersi.

PERSEFONE. La realtà è un sogno, e il sogno a volte include la realtà. Come due dimensioni che si compenetrano, quella della veglia e quella del sonno si alternano come la vita e la morte nell’eterno ciclo dell’esistenza. Molti tuoi lavori sono caratterizzati da una minuziosa precisione per il dettaglio (che personalmente associo all’atto della coscienza vigile e attenta, razionale) e al contempo da sezioni di non finito (le quali rimandano alle atmosfere oniriche, ai ricordi offuscati e danneggiati dal tempo, allo sconcerto dovuto al bagliore della luce mattutina al primo risveglio). Queste ultime possono essere interpretate anche come nuove possibilità sia per te come artista che per lo sguardo dell’osservatore che le esperisce?

Sonno (Hypnos) e Morte (Thanatos) sono i figli della dea Notte (Nyx), generatrice di altre creature eteree o mostruose, tutte abitanti del regno infero a cui si accede proprio tramite la porta della notte. Il sogno oscilla con la morte in una danza eterna. Alcmeone di Crotone scriveva: “gli uomini muoiono perché non sanno ricongiungere il principio con la fine”. Ade e Persefone sono entrati nella mia vita come due nuove identità distinte e opposte l’una all’altra: la vita e la morte. Io sono Persefone toccata ed amata dalla morte, e sono anche Ade, mio destino ultimo.

Il peregrinare fra diversi codici espressivi nella mia pittura ricorda le possibilità di scelta dell’uomo di fronte alla realtà: vivere sentendosi parte della società o rifiutarla dedicandosi a una dimensione di totale abbandono che porta alla follia. Oscillando tra questi eccessi dell’anima ho saputo tradurli con i linguaggi della pittura e del segno, sublimando ogni ansia. Il dettaglio e la sua calligrafia pittorica sono per me come un’ossessionante nenia, una preghiera perpetua, che scandisce il mio desiderio di comprendere tutto il cosmo e il microcosmo. Dal punto di vista tecnico è il retaggio del mio amore per tutta l’arte fiamminga e la delicatezza dello sfumato leonardesco.Tutto sorse dalla maestria tecnica con cui Jan van Eyck dipinse un prato fiorito di viole, un giardino d’aranci e fichi, in cui ogni frutto pulsava di vita come riflesso dell’intero universo; dal “Tondo Doni” di Michelangelo, da “Sant’ Anna, la Vergine, il Bambino e l’Agnello” di Leonardo da Vinci che mi fece sobbalzare per quegli azzurri così perfetti, alla luce del nevaio di un paesaggio primordiale . Questi saranno sempre i lampi dell’arte del passato capaci di illuminare le mie untuose nebbie contemporanee, il vero conforto della bellezza ai nostri pensieri carichi di domande irrisolte.

Per quanto riguarda l’aspetto formale di questa mia oscillazione tra i due estremi in pittura, posso solo dirti che la dimensione ossea, scarna di un dipinto, la sua pittura magmatica che sostiene la pelle dell’immagine sono due modi per percorrere una strada accidentata verso il mistero; bende che curano e chiudono un flusso oppure bisturi che rivela la carne pura. Resto comunque consapevole che non serve alcuna pelle per attutire o comprimere la pressione e il pulsare informe dell’ infinito.

 

VANITAS. Le nature morte alludono alla caducità dell’esistenza terrena con la presenza di elementi simbolici ad essa associati, come il teschio. Eppure individuo sempre vita nelle tue opere, tra il germogliare perpetuo di fiori e radici dal corpo e dalle menti dei tuoi personaggi. Vita che sgorga come dalla sua eterna fonte.

È una morte che rinasce e che si riscatta, il pulsare della vita erompe dalla carne, un’invasione di forme nuove gestano nuovi legami con i diversi mondi: umano e vegetale e animale, tutto è un pulsare continuo di distruzione e mutazione. La natura deforma e mescola ogni elemento, la vita sorge riempiendo ogni anfratto. Se la vanitas in passato era un memento mori, ora per me è un memento vitae.

Abbiamo saputo creare e disegnare la morte nel corso del tempo come qualcosa di terribile e orrorifico, ma è solamente un confine in cui si palesa un apparente arresto. La vita entra a divorare i tessuti per crearne altri in una danza irrequieta, mutamento e trasformazione per mezzo della distruzione.

IL SOGNO DI ASCLEPIO. La tua pittura ha dei forti richiami all’arte simbolista, a quella bizantina, preraffaelita e in parte surrealista, superandole tutte. Una pittura che è anche segno, e che nel segno trova le sue radici, le sue cicatrici da curare; è dunque questo il rapporto che hai instaurato col disegno?

La cura che sostiene il dettaglio pittorico serve a rivestire una carne di pittura. Come accennavo, serve a chiudere e a cicatrizzare una pulsazione o un fremito della materia che nella pittura palesa la sua natura primordiale attraverso la macchia e la massa informe o astratta. E così, sia nella pittura che nel disegno, non azzardo mai il sorgere di un’immagine sul livore bianco della carta, di una tavola o di una tela, ma mi servo di una storia che antecede l’immagine, fatta di graffi, di segni tellurici, di mappature casuali. A volte questo substrato preferisco lasciarlo scoperto come un nervo sfrangiato, una lacerazione e una scarnificazione, come il disvelare di ogni mia menzogna o vulnerabilità.

Il disegno fu sin da subito la disciplina che al meglio mi servì per dar luce ai miei sogni ed alle mie epiche. Era il disegno il mio primo confidente, permettedo alla pittura di rassodarsi attraverso un’immagine sintetica, il mezzo per visualizzare al meglio un’immagine della mente. Prima ancora della pittura, il disegno è un’eco del sogno o un’ecografia di un viaggio interiore.

LUCIFERO. Colui che dona la luce, e dunque la conoscenza, la stella del mattino. Conoscere se stessi per mezzo delle situazioni e delle emozioni vissute, le quali non escludono qualche caduta, è un percorso faticoso e molto spesso doloroso. Può l’arte svolgere ancora oggi una sorta di catarsi, o liberazione?

lo penso e spero che tutte le arti possano portare verso la conoscenza della propria natura interiore e far ricongiungere il limite del pensiero umano con il suo opposto slancio verso l’infinito. L’arte è la porta della percezione che va al di là dell’apparente. Hai menzionato Lucifero come colui che ambisce alla conoscenza assoluta e, tradendo Dio, fallisce. Eppure esiste una strada per arrivare alla verità: attraverso il percorso del dolore e della passione l’uomo può conoscere se stesso.

In questa epoca dove l’ambizione umana verso il potere riempie e contraddistingue ogni azione e disciplina, c’è poco spazio per conoscersi realmente e proiettarsi verso una catarsi o liberazione attraverso l’arte. Vedo più un abuso nei riguardi dell’arte che un rispetto e uno sguardo che porti ad un’indagine umanistica.

 

AUTORITRATTO PANTOCRATOR. Un’ultima doverosa domanda: in cosa crede Agostino Arrivabene, nel sogno o nella realtà?

È decisamente meglio sognare .

 

www.agostinoarrivabene.it