Notturna, 2008

Testo critico sull’artista Enrico Minguzzi

Testo critico sull’artista Enrico Minguzzi, pubblicato sul periodico d’Arte Contemporanea Segno (Pescara), n. 221, pp. 64-65.

 

Enrico Minguzzi

di Laura Luppi

Riflessi abbaglianti colpiscono le tele di Enrico Minguzzi, artista che attraverso il superamento estetico dell’antica disputa tra le teorie corpuscolare e ondulatoria della luce propone un’interpretazione innovativa delle potenzialità del nostro percepire le radiazioni elettromagnetiche che istituiscono il fenomeno della vista. La ricerca artistica sui multiformi effetti delle onde che interagiscono con la retina dell’occhio umano trova il giusto luogo per i suoi esperimenti non più in laboratori scientifici ma in uno degli ambienti considerati tra i più banali ma anche tra i meno scontati della quotidianità, il bagno. Le superfici lisce e scivolose di rubinetti, tubature e sanitari permettono la percezione di contrasti luminosi inaspriti da colori violenti sapientemente prescelti da un giovane artista che nell’esasperazione di tonalità accese ritrova gli eccessi di una società ormai votata al dogma del superfluo e del paradossale. Anche un ambiente come il bagno dunque, concepito a priori come poco interessante per l’uomo affaccendato nel suo menage giornaliero, svela le sue ambiguità, il suo essere sia sala di cura del corpo, che inaspettato palcoscenico per spettacolari infiorescenze luminose, magistralmente dirette da un’allucinante Rifrazione. L’irrisoria denuncia sprona lo spettatore a modificare il proprio punto di vista, affinché ciò che oggi viene sentito come futile e insignificante possa recuperare il giusto ruolo all’interno di una realtà che da troppo tempo ostenta grotteschi modelli e falsi miti. Questo è il messaggio comunicativo che approda deciso ai sensi annichiliti e assopiti dell’osservatore che di fronte ai lavori di Minguzzi perde il proprio egocentrismo, le proprie certezze, scoprendosi vittima di un’ulteriore quanto scomoda rivoluzione copernicana. Proiettato all’interno di una conca ripida e scoscesa, vorticosa come un’Instabile cavità, egli è costretto ad alterare la propria forma mentis, a modificare la sommaria accettazione di ciò che viene concepito come normalità, approfittando del provocatorio suggerimento dell’artista che, per l’ideazione dei suoi lavori, scatta fotogrammi di inquadrature improbabili. Posizionando l’obiettivo all’interno di vasche e lavandini, le sensazioni di smarrimento e di perdita di equilibrio che ne conseguono vengono rafforzate dal riverbero di raggi acri come sapori, odori e suoni che per il loro impeto producono un’irreparabile impedimento di percezione, una sorta di Ostruzione. Ma se la composizione dell’immagine si rivela il risultato di una progettazione grafica ben elaborata, l’effetto pittorico nasce invece da una naturale gestualità non sottoposta ad alcuna ideazione. La dialettica tra il lato razionale e inconscio che caratterizza lo stile di Enrico Minguzzi appare evidente soprattutto in un’opera dal suggestivo titolo Notturna. Un gioco di luci e ombre proiettate da un sottile quanto lancinante bagliore lunare costituisce il comune denominatore delle due parti che compongono il dittico in questione. Per la prima tela la scelta di un’elaborata figurazione, che trasgredisce però l’abituale visione di un rubinetto conducendolo al confine con l’astrazione, si contrappone ad una seconda tela caratterizzata dalla fluidità di un tratto pittorico svincolato da ogni regola prescritta. In opere come questa si intuisce la poliedricità di un artista che accoglie l’interazione delle nuove tecnologie senza però abbandonarvisi interamente, perchè esse, annullando l’essenza del gesto pittorico, spesso non fungono da autonomi garanti di qualità. Il giusto equilibrio tra presente e passato, tra le possibili influenze dei grandi maestri della storia dell’arte e le promesse di una tecnologia in continuo mutamento possono apportare una nuova speranza agli amanti del genere pittorico, una sua evoluzione attraverso mezzi contemporanei. E se cent’anni fa Nietzsche annunciava la morte di Dio, il nichilismo dei valori morali dell’uomo moderno vittima e carnefice dei propri successi scientifici, ancora oggi però non è possibile dichiarare la morte dell’arte nelle sue sembianze più tradizionali, nell’essenza dei suoi metodi e delle sue ricerche poiché, tutt’altro che desuete, esse possono rinvigorirsi col supporto di nuovi strumenti. Le opere di Minguzzi ne sono la prova: l’artista munito di talento può ancora combattere armato di tecnica e inventiva, spinto dal desiderio di istituire nuovi linguaggi e di adoperare la tela come un terreno da sondare, testare e plasmare. Con i benefici tratti dall’interazione di discipline differenti, che non ostacolano bensì reinventano una concezione dell’arte che non sa rinunciare alle proprie origini, ancora molte strade possono essere battute. Infondo già Constable lo affermava: “La pittura è una scienza…di cui i quadri non sono che gli esperimenti”.