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“Alchemica”, la mostra di Roberto Floreani

Al MAGA di Gallarate (Varese) grande mostra dedicata a Roberto Floreani. Articolo pubblicato per Arskey.

 

L’arte Alchemica di Roberto Floreani

di Laura Luppi

 

Presso lo spazio del Museo MAGA di Gallarate (Va) è in corso la personale di Roberto Floreani dal titolo “Alchemica”. Il termine adottato per la sintesi concettuale del progetto espositivo non deve ingannare, perché non vi è nulla di esoterico nella ricerca pittorica anteposta alla sua realizzazione, ma una sorta di presentazione di un percorso finalizzato alla creazione di un mondo estetico dalle forti valenze spirituali. Una spiritualità questa che non può prescindere però dal sostrato materiale costituito dalla tela e dai colori utilizzati per il compimento dell’intento metafisico, oltre che fisico, a fondamento dell’arte stessa. Un binomio ben lontano dall’accezione dicotomica tradizionale se si considera la cultura orientale a cui Floreani si è avvicinato sin dalla giovane età e da cui attinge costantemente per la sua condotta di vita. Le arti marziali, discipline volte alla conciliazione del corpo e della mente, soggiacciono infatti in ogni opera della sua personale produzione e di quella elaborata per allestire le sale del Maga, senza mai dimenticare la componente occidentale di pertinenza natale. Occidente e Oriente in un incontro segnico sancito dalla circolarità, cardine dell’impresa stessa. Il cerchio non come simbolo ma come forma, la cui valenza rimanda inevitabilmente all’energia cosmica, all’armonia del creato oltre alla continuità del tempo concepito non in senso lineare ma ciclico, alla fluidità di una geometria che non identifica un inizio e una fine, ma sancisce un eterno movimento rotatorio privo di ogni impedimento. Questo elemento per così dire primordiale, timbro peculiare dell’artista di origini veneziane, riconduce inevitabilmente a quel divenire dell’essere a cui il mutamento si antepone fondendosi con l’atto creativo, demiurgico, diciamo pure alchemico. Un’alchimia non legata a una pratica magica dunque, bensì concreta, fisica, reale, appartenente al mondo sensibile da cui Floreani raccoglie gli ingredienti per la produzione artigianale di una gamma di colori ricavata con la tecnica rinascimentale della manipolazione delle terre secondo una manualità dalle connotazioni quasi rituali. La metodica illustrata nella videoproiezione curata da GIART, e fruibile nell’ultimo spazio dedicato alla personale, svela un’innata predisposizione dell’artista verso il fare nel senso più appropriato del termine. Vicino alla tradizione contadina propria delle zone di provenienza nonché teatro della sua infanzia, Roberto Floreani si relaziona alla tela come fosse terra fertile per la molteplice stratificazione di componenti liquide, stese e lasciate colare al fine di far affiorare ciò che permane all’origine, le forme concentriche principio e compimento dell’intera pratica artistica. Le 27 opere presenti in mostra e suddivise in tre spazi espositivi tra loro collegati, sono infatti caratterizzate nella loro essenza proprio dal tema della circolarità, di forte impatto visivo fin dal suo immediato concedersi nel trittico di grandi dimensioni “Aurora Occidentale – La materia e il mago”, posta di fronte all’ingresso della prima sala. L’opera in questione, il cui titolo si ricollega a un precedente lavoro del 1983, è parte integrante della sezione dedicata alla serie ideata per la personale allestita presso il Padiglione Italia della 53ma Biennale di Venezia (2009), curata da Luca Beatrice. “Aurora” intesa come nuova fase feconda per coniugare energia e creatività, ascolto e azione, comprensione dell’essere e interazione con esso. “Occidentale” il retroterra di cui è innegabile il legame culturale ma anche letterario a cui ispirarsi. La letteratura europea infatti occupa un ruolo privilegiato nella formazione educativa e culturale di Floreani, sulla quale dirige riflessioni individuali confrontandosi con autori come Filippo Tommaso Marinetti ed Ezra Pound, oltre a filosofi come Nietzsche, Heidegger e Rilke. Letture fertili da cui ricavare tracce di vissuto condiviso per approdare in sensazioni, emozioni, paure, problematiche per mezzo delle quali adottare poi soluzioni pragmatiche. Il pensiero come centro di un corpo in relazione con un mondo esterno da cui carpire stimoli, immagini, iterazioni, accumulando inevitabilmente ricordi. La memoria, fondamento e compimento dell’individuo nel suo rapportarsi a sé e a agli altri; il pensiero, luogo del suo manifestarsi. Il concatenarsi di elementi geometrici fluttuanti in uno spazio eterico quasi ieratico, circoscritto da fondi neutri a volte chiari e a volte scuri, riporta lo spettatore in una sorta di campo immateriale della meditazione, di ascolto privo di parole, figurazioni, suoni. Il ritmo della scena è interrotto a tratti da segmenti rettangolari di colore arancio per le opere più note concentrate nella terza sezione, e di un acceso magenta (definito “alchemico”) per i 12 lavori appositamente studiati per la personale al MAGA, raggruppati nella seconda sezione. Comune denominatore resta il nero, steso nelle primissime fasi di sovrapposizioni fluide e celato dalle successive cromie in un continuo togliere e mettere, nascondere e svelare. Materia solida e materia liquida non sono poli opposti dell’evoluzione del processo demiurgico di Floreani, ma elementi in perpetuo dialogo di cui l’uno costituisce il motivo d’essere dell’altro in perfetta sintonia con la concezione orientale della complementarietà delle forze Yin e Yang, da cui scaturisce il perfetto equilibrio universale, quello stesso equilibrio auspicato nella composizione formale delle tele. Ancora Oriente, ancora Occidente, le cui tracce si rivelano nel background storico-artistico cui Floreani si sente più legato, quello delle correnti d’avanguardia dei primi del ‘900 tra cui la Scuola del Bauhaus e la corrente futuristica italiana. Più affine al dinamismo di Umberto Boccioni e Giacomo Balla rispetto alla staticità e per certi versi rigida compostezza di Kandinskij. Un’astrazione che nella sintesi del segno non toglie intensità comunicativa ma aggiunge vigore espressivo alla materia plasmata. Da “Moresco Alchemico” (2010-2011) a “Candido Alchemico” (2010-2011) la successione dei formati verticali compensa l’alternanza di quelli orizzontali di “Concentrico (Mitomacchina)” (2006) e “Alchemico VII (Zebrano)” (2011), razionalizzando le pareti espositive e donando bilanciamento all’atmosfera di insieme. Le formelle a rilievo di terracotta e ceramica, assolute anteprime della mostra, completano il viaggio esplorativo nell’intimità di Roberto Floreani, la cui ambizione artistica spinge l’introspezione umana dalla funzione autoreferenziale all’indagine dell’anima entro e oltre i confini del tangibile.